È credenza comune che l’acqua imbottigliata sia migliore dell’acqua del rubinetto. Eppure molto spesso vengono rilevate nelle bottiglie di plastica diverse sostanze, tra le quali “estrogenic phthalates”, note per i loro effetti negativi sulla salute. In questo articolo andiamo ad analizzare se i contenuti di ftalati nell’acqua imbottigliata rispettano le norme per garantire la salute dei cittadini.
Ftalati e salute
I Phthalates, in italiano ftalati (traduzione poco efficace dal momento che ci scombina il noto acronimo PET), sono sostanze chimiche che le plastiche lavorate possono rilasciare nell’acqua. Queste sostanze influenzano in modo negativo diversi sistemi del nostro corpo come l’endocrino, il cardiovascolare, il sistema riproduttivo e lo sviluppo del sistema nervoso. Studi su topi esposti ai ftalati mostrano uno “sviluppo di malformazioni tra le quali all’epididimo, vas deferens, vescicole seminali, prostata, genitali”, giusto per citarne alcune. Nell’uomo “causano un aumento di malattie e allergie respiratorie in bambini, depressione e declino polmonare negli anziani, problemi al fegato e metabolismo in adulti, e problemi con lo sviluppo nervoso in neonati”. Sono quindi molecole che a determinate concentrazioni sono dannosissime per l’essere umano. (1) (2)
Livelli massimi consentiti
Sono stati condotti diversi studi per stabilire le concentrazioni effettive di queste molecole nelle bottiglie in commercio ma i risultati sono affidabili solo nel breve termine vista la vastità di un commercio di acqua. E se anche solo nel breve termine questi risultati fanno rabbrividire, figuriamoci nel lungo termine dal momento che le modalità di conservazione incidono moltissimo sui livelli di ftalati presenti nell’acqua. Secondo la WHO (organizzazione mondiale della sanità) i massimi livelli consentiti sono pari a 8 µg/L. (1)
Conservazione
Ci sono diversi aspetti che possono facilitare la diffusione di ftalati nell’acqua. Tra questi abbiamo le modalità di conservazione (temperatura, esposizione solare, durata), il pH e le dimensioni delle bottiglie. Sono stati analizzati oltre 300 marchi in tutto il mondo. Le più alte concentrazioni rilevate furono da 94 a 222 µg/L. Stando alle raccomandazioni della WHO circa il 14% dei marchi analizzati non rispettava i livelli massimi consentiti. I 5 stati con i livelli più alti sono Tailandia, Croazia, Repubblica Ceca, Arabia Saudita e Cina, con una media rilevata di 61.1, 8.8, 6.3, 6.2 e 264.1 µg/L, rispettivamente. (1)
Nel lungo termine i dati peggiorano
Va inoltre sottolineato che questi dati sono basati su un monitoraggio a breve termine. Dal momento che le condizioni di stoccaggio possono incrementare notevolmente i livelli, i dati non riflettono adeguatamente la reale situazione, rivelandosi ben peggiore. Le concentrazioni di ftalati in condizioni di stoccaggio a 25 gradi (relativamente buone condizioni) salgono a 10 µg/L dopo 284 giorni. Superano già la dose massima raccomandata in meno di un anno dall’imballaggio. é quindi fondamentale un controllo più rigoroso sia sui metodi di stoccaggio, sia sul tempo di stoccaggio. Temperature fredde e tempi di stoccaggio non superiori ad un anno dovrebbero essere obbligatori per garantire un prodotto sicuro. (1)
Conclusione
Quando si beve acqua imbottigliata fare attenzione a che tipo di plastica viene usata, alle modalità di conservazione (non lasciare sotto il sole) e al marchio. Per quanto la maggioranza dell’acqua in commercio sia sicura, è sempre bene porre attenzione a cosa si compra. Nel dubbio, l’acqua del rubinetto con l’uso di un filtro è sempre una garanzia. Si parla pur sempre di salute, non un argomento da prendere alla leggera.
Referenze
1- Luo Q, Liu ZH, Yin H, et al. Migration and potential risk of trace phthalates in bottled water: A global situation. Water Res. 2018;147:362-372.
2- Jeddi MZ, Rastkari N, Ahmadkhaniha R, Yunesian M. Endocrine disruptor phthalates in bottled water: daily exposure and health risk assessment in pregnant and lactating women. Environ Monit Assess. 2016;188(9):534.