"quando qualcuno commette nei tuoi riguardi qualche errore, devi subito pensare qual'era secondo lui, nel momento che commetteva l'errore, il criterio del bene e del male". Così ragionava Marco Aurelio. "Se arriverai a veder questo punto" continua, "avrai compassione di quell'uomo; non sentirai più meraviglia, non proverai più sensi d'ira. Potrebbe darsi ancora che tu stesso giudicassi come lui un bene quella medesima cosa o un'altra del genere. In conclusione non resta che compatire. È possibile invece un altro caso: cose di quel genere tu non le giudichi più buone e cattive. E allora non ti riuscirà difficile esser più mite con chi ha preso tale abbaglio". Marco Aurelio 7-26
È facile essere cadere vittima delle emozioni e difendersi con impulso e irrazionalità. Anziché ascoltare l’interlocutore ci agitiamo con pensieri rivolti a noi stessi. Diventiamo ciechi e sordi e mettiamo la nostra persona al centro dell’universo.
Se, quando ci accorgiamo di ciò, proviamo invece a concentrarci su ciò che sta avvenendo all’esterno, torneremo a vedere e sentire.
Se consideriamo infatti il punto di vista dell’altra persona, arriveremo senza dubbio alla conclusione che abbiamo entrambi ragione. E allora, compreso ciò, se per qualche irrazionale motivo non riusciamo a metterci nei suoi panni, diamo per scontato che abbiamo entrambi ragione. In questo modo ti rispiarmi un’ira deleteria sia per te che per l’altra persona.
Marco aggiunge che è possibile addirittura non più giudicare bene o male. Si è arrivati al livello del saggio, per il quale non c’è giusto o sbagliato. E allora se è qualcuno ad arrabbiarsi con te, sii gentile perché anche tu eri in quella posizione di non riconoscere la via di mezzo.
Non accettando che l’altra persona ha eguale ragione stiamo cadendo nel confirmation bias e non esiste cosa più deleteria per imparare. E se non possiamo più imparare, non stiamo più vivendo.
