La terapia del freddo: come e quando usarla

bagno ghiacciato: terapia del freddo

Gli infortuni muscolo-scheletrici sono molto comuni e il loro trattamento è fondamentale per prevenire una loro cronicizzazione. Un dolore acuto e persistente produce una continua attivazione dei nocicettori periferici, rimodellando la citoarchitettura neuronale con una conseguente perdita di interneuroni inibitori, portando ad iperalgesia secondaria ed eventualmente ad una sensibilizzazione centrale dei neuroni di secondo ordine. In parole povere: anche un leggero movimento può causare dolore. Le strategie nel trattamento di infortuni muscolo-scheletrici mirano a ridurre il dolore e l’edema associato (se presente), promuovendo anche la riparazione muscolare per facilitare il ritorno ad attività normali. La terapia del freddo viene spesso usata in questo tipo di  situazioni. Andiamo a vedere il meccanismo d’azione della terapia del freddo, la sua efficacia, le modalità d’uso e la durata necessaria per garantire il maggior numero di benefici. (1)

Trauma diretto ed indiretto

Per comprendere il meccanismo con il quale la terapia del freddo riduce il dolore, è necessario aprire una piccola parentesi sul meccanismo del dolore. Gli infortuni acuti possono avvenire in seguito ad un trauma diretto o indiretto. Per trauma diretto si intendono cadute, distorsioni, impatti o qualsiasi movimento che preveda una contusione su un punto di contatto. L’infiammazione che ne deriva provoca edema, iperalgesia ed eritema, aumentando il dolore e ritardando la guarigione. I traumi indiretti invece avvengono in seguito ad uno stiramento muscolare o ad un’eccessiva forza di contrazione. Avvengono senza contatto diretto e causano una rottura delle fibre muscolari. L’edema che ne deriva può comprimere i capillari impedendo lo scambio di ossigeno e la “rimozione di scarti”. (1)

Crioterapia

La terapia del freddo, chiamata crioterapia, prevede l’applicazione sul corpo di un qualsiasi oggetto in grado di rimuovere il calore, diminuendo la temperatura dell’area di contatto e dei tessuti adiacenti. La terapia del freddo viene usata come trattamento in traumi acuti, dolore cronico, DOMS (delayed onset muscle soreness / volgarmente indolenzimento muscolare a insorgenza ritardata), spasmi muscolari, infiammazione ed edema. Gli infortuni alla caviglia sono un perfetto esempio dove la terapia del freddo viene usata, generalmente con una strategia chiamata RICE: “rest, ice, compression ed elevation”: riposo, ghiaccio, compressione ed elevazione. (1)

Tipologie

Ci sono numerose applicazioni a partire da sacchi di ghiaccio, ghiaccio tritato, gel, spray etc. ma l’efficacia varia da metodo a metodo. Per esempio, l’uso di ghiaccio inumidito/bagnato è più efficace di semplici cubetti di ghiaccio o di ghiaccio triturato. Infatti consente di diminuire la temperatura della pelle e del tessuto intramuscolare in maniera più efficace.

Effetti fisiologici

Gli effetti della terapia del freddo sul tessuto danneggiato sono numerosi. La diminuzione della temperatura rallenta il flusso sanguigno. Riducendo il flusso sanguigno si riduce anche l’edema e i mediatori dell’infiammazione (citochine) impiegano più tempo a raggiungere l’area. Ciò si traduce in un riduzione dell’infiammazione. E riducendo la temperatura si riduce anche la richiesta metabolica dei tessuti in ipossia, prevenendo un danno secondario da ipossia. La terapia del freddo ha anche un effetto anestetizzante, anche chiamato neuropraxia indotta dal freddo. La soglia dei nocicettori viene infatti aumentata insieme ad una diminuzione della velocità di conduzione dei segnali nervosi per il dolore. In parole semplici: è necessario uno stimolo maggiore per attivare i recettori del dolore; ciò si traduce in attenuazione del dolore. (1)

Durata e frequenza

Il protocollo standard prevede l’applicazione di ghiaccio per 20 minuti ogni 2 ore nel corso delle prime 72 ore dall’infortunio. Uno studio ha però comparato l’efficacia tra il metodo standard con una terapia intermittente. Quest’ultima prevede l’applicazione di ghiaccio per 10 minuti, seguiti da 10 minuti a temperatura ambiente per poi applicare per altri 10 minuti ancora ghiaccio. Anche qui, ogni 2 ore, nell’arco delle successive 72 ore. è stata osservata una significativa riduzione del dolore nel gruppo che adottò la terapia intermittente. I risultati migliori sono stati ottenuti in uno studio che comparò la terapia intermittente con terapia intermittente + esercizi terapeutici. Risultò che si possono ottenere miglioramenti nel minor tempo possibile associando alla terapia intermittente esercizi propriocettivi o movimenti senza carico o gravità (acqua). (1) (2)

Possibili complicazioni e conclusione

Salvo qualche piccola bruciatura da ghiaccio, la terapia del freddo non causa problemi. Da evitare però in pazienti con ipersensibilità da freddo o affetti dalla sindrome di Raynaud. Se usata per DOMS e recupero muscolare, generalmente atleti durante lunghe competizioni o durante intensi giorni di allenamento, attenzione alle conseguenze sulla forza muscolare e capacità neuromuscolari, dal momento che può influire negativamente sulle performance. Infatti è da tenere presente che la risposta fisiologica in seguito ad un allenamento intenso è fondamentale per il recupero ed è quindi preferibile lasciare al corpo il tempo necessario per ripristinare tutte le funzioni (allo stesso modo i farmaci antinfiammatori o antidolorifici possono farci sentire meglio con il rischio che il corpo non si sia recuperato al 100%= maggior rischio di infortunio, ricomparsa dolore etc.). Se non in caso di traumi, competizioni o allenamenti straordinari, potrebbe essere controproducente usare la terapia del freddo come recupero post workout, sia a livello di prestazioni che di adattamento.

Referenze

1- Malanga GA, Yan N, Stark J. Mechanisms and efficacy of heat and cold therapies for musculoskeletal injury. Postgrad Med. 2015 Jan;127(1):57-65.

2- Nadler SF, Weingand K, Kruse RJ. The physiologic basis and clinical applications of cryotherapy and thermotherapy for the pain practitioner. Pain Physician. 2004 Jul;7(3):395-9.